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23 apr 2024
Professionale

Trattare le lesioni vascolari del cavo orale con un laser a diodi a luce blu

Dr. D’Alessandro Leonardo, Medico Odontoiatra, Specializzando in chirurgia orale.



La tecnologia e l’innovazione affiancano la medicina nell’odierna pratica clinica, con l’obiettivo di semplificarla e renderla più efficiente. I dispositivi laser, sembrano qualcosa di molto recente, ma in realtà, Il primo dispositivo laser fu inventato da T. Maiman nel 1960, e un laser fu impiegato in ambito odontoiatrico per la prima volta qualche anno dopo, da R. Stern e R. Sognnaes. Sia in ambito medico che odontoiatrico, i dispositivi laser sono ormai utilizzati da diversi anni e sono oggetto attuale di ricerca, in quanto essendo un campo in continua evoluzione, si cerca di testarne l’efficacia di impiego, al fine di garantire dei protocolli di utilizzo che siano sicuri e specifici per ogni dispositivo. I dispositivi laser trovano impiego in molti ambiti odontoiatrici, essendo molto versatili e con caratteristiche fisiche differenti, a seconda della tipologia di dispositivo; vengono infatti impiegati nel campo endodontico e conservativo, nella chirurgia orale e implantologia, nella parodontologia, nell’ortodonzia, nella patologia orale e nella medicina estetica periorale. Durante gli interventi chirurgici, in particolare su tessuti molli, i dispositivi laser vengono selezionati per i loro vantaggi, rispetto all’utilizzo della tradizionale lama da bisturi, selezionando il dispositivo che abbia le caratteristiche più idonee rispetto al tessuto target sul quale si va ad agire. Ad esempio, un laser a CO2 è preferibile per quei tessuti ad elevato contenuto di acqua, mentre i laser a diodi hanno un’ottimale azione coagulante e sono preferibili in caso di sedi anatomiche molto vascolarizzate.

Tra i vantaggi ormai noti, relativi all’utilizzo dei dispositivi laser si hanno: un accesso chirurgico facilitato da una migliore ergonomia, soprattutto in quelle zone che non offrono piano di clivaggio alla lama; migliore emostasi e visibilità intraoperatoria; taglio preciso; azione antimicrobica sul sito chirurgico; guarigione per seconda intenzione, spesso senza necessità di punti di sutura; ridotto dolore ed edema postoperatorio; ridotto uso di anestetico durante la chirurgia e ridotte complicanze postoperatorie come deiscenze della ferita chirurgica. Ovviamente essendo un dispositivo tecnologico, impiegandolo in ambito clinico richiede una curva di apprendimento ed ha un costo più elevato rispetto ai mezzi tradizionali; inoltre non bisogna dimenticare che i dispositivi laser se non usati in modo corretto determinano surriscaldamento e carbonizzazione a livello dei tessuti bersaglio.

Nell’ambito della chirurgica dei tessuti molli del cavo orale, i dispositivi laser hanno numerosi impieghi, si utilizzano ad alta intensità, ad esempio per la fotocoagulazione di lesioni vascolari, per la vaporizzazione di aree cheratosiche o per effettuare prelievi bioptici. Nell’impiego relativo alla fotocoagulazione di lesioni vascolari, il laser può essere utilizzato come un dispositivo atraumatico, una valida alternativa rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali che prevedono l’embolizzazione e l’asportazione chirurgica delle lesioni; soprattutto in sedi estetiche, come il labbro, riducendo il rischio di avere inestetismi o esiti fibro-cicatriziali.

A questo scopo vengono impiegati dispositivi laser a diodi o KTP, con lunghezze d’onda assorbite dall’ossiemoglobina. L’azione del raggio laser determina, per il fenomeno della fototermolisi, una microagglutinazione eritrocitaria, che determina occlusione dei vasi, riducendo il rischio di emorragia, oltre a ridurre il quantitativo di anestesia necessaria, migliorare la guarigione e ridurre il discomfort post-operatorio, anche in relazione all’azione di biomodulazione. Alla base dell’impiego dei dispositivi laser in questo contesto, ci dovrebbe essere un’accurata valutazione pre-operatoria delle lesioni, anche tramite un’eventuale indagine ecografica con Eco-Color-Doppler o nei casi che lo richiedano una Risonanza Magnetica (RMN). Importante è la selezione dei parametri del laser e della tecnica operatoria, in base alla natura, dimensioni, profondità, flusso vascolare e localizzazione anatomica della lesione. L’approccio alle lesioni vascolari può essere di termocoagulazione transmucosa (TMT) a distanza o fotocoagulazione intralesionale (ILP).

La TMT si effettua posizionando a distanza di circa 2-3 mm dalla lesione, la fibra ed effettuando un movimento continuo a “scansione” o “tosatura d’erba”, attraverso un vetrino trasparente, utile per agire su tutta la superficie delle lesioni esofitiche, che vengono così distese; una tecnica alternativa è la tecnica “leopardo” nella quale la luce laser viene fatta agire con degli spot, in modalità pulsata, evitando la concentrazione di calore a livello dei tessuti. La TMT è una tecnica sicura ed efficace, che garantisce risultati funzionali ed estetici, con ridotte o assenti complicanze intra o postoperatorie.

Nella ILP si introduce direttamente la fibra ottica all’interno della lesione, utilizzando un ago cannula che ne guida l’ingresso; questa tecnica è associata ad un maggior rischio di sanguinamento intraoperatorio, che può essere ridotto sotto guida ecografica. Entrambe le tecniche presentano però notevoli vantaggi rispetto all’approccio tradizionale con lama fredda, a partire dal ridotto rischio emorragico e alla migliore guarigione sia intraorale che periorale, tale da definire l’approccio laser a queste condizioni come il “gold standard”. Tra i vari dispositivi laser, Il laser a diodi a luce blu è uno dei dispositivi più indicati per questo trattamento; è un dispositivo laser che emette radiazioni elettromagnetiche con una lunghezza d’onda tra i 360 e i 480 nm, comprese nello spettro visibile, che appaiono di colore violetto e blu. Il mezzo attivo di questo dispositivo è costituito da semiconduttore a diodi con Nitruro di Gallio (GaN) o Nitruro di Gallio Indio (InGaN). I laser a diodi sono ampiamente utilizzati per le loro proprietà spettrali strette, ad esempio nella terapia fotodinamica, inoltre, sono in grado di generare impulsi di luce ultra-corti; tra questi il laser a luce blu è quello di più recente impiego in ambito medico e odontoiatrico. Andando ad utilizzare questo dispositivo per la fotocoagulazione delle lesioni vascolari, si ottiene la sua massima efficienza, sfruttando un’azione selettiva sul suo cromoforo bersaglio, ovvero l’emoglobina, riducendo alterazione dei tessuti sani contigui e rendendo la procedura sicura.

Una sola applicazione, con la tecnica TMT, con l’impiego di un modico quantitativo di anestetico locale, può essere sufficiente per trattare lesioni abbastanza frequenti del vermiglio, come una varice venosa o un angioma. Al termine del trattamento le lesioni appaiono con un colore alterato, biancastre, con rugosità superficiale visibile e un aumento della durezza dei tessuti. Al termine del processo di guarigione, che avviene in assenza di supporto farmacologico, la lesione appare regredita nella maggior parte dei casi; mentre per le lesioni di maggiori dimensioni possono essere necessarie ulteriori applicazioni o agire suddividendo la lesione in più sedute; in alternativa la tecnica ILP potrebbe essere indicata.


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